Come diventare ciclista urbano e vivere felice

COME DIVENTARE CICLISTA URBANO E VIVERE FELICE

Quando si parla di ciclismo urbano a Roma, la frase più usata è “qui non cambia mai nulla”. Eppure noi siamo cambiati moltissimo. Ma continuiamo a soffrire di una frustrazione profonda nel vedere che gli altri non seguono il nostro cambiamento.

Ciascuno di noi può raccontare di aver detto “ho fatto tutto quello che potevo” e nulla avrebbe potuto convincerlo a continuare la lotta per il cambiamento. Questi sono i momenti in cui rinunciamo a promuovere la causa in cui crediamo.

Ma se siamo fortunati, qualche volta riusciamo ad emergere da queste paralisi. Ci risvegliamo al momento giusto e riusciamo a impiegare la nostra energia in qualcosa di costruttivo. È l’unico modo per ottenere dei cambiamenti.

Come sono diventato un ciclista urbano

Ho diviso il mio percorso in sei trasformazioni, più una che sto ancora compiendo. La prima trasformazione del ciclista urbano voglio chiamarla “coscienza di sé”. Questa trasformazione mi ha permesso di conoscere le mie paure e scoprire i miei bisogni.

Inizialmente – come quasi tutti – usavo l’automobile. Per andare al lavoro, per accompagnare i bambini a scuola, per fare la spesa, per andare a trovare gli amici. Penso di averla utilizzata anche per andare al cinema. I miei bisogni e le mie paure coincidevano con quello che il mondo esterno mi raccontava.

Devi possedere un’automobile/ Le città sono inquinate/ Devi avere successo/ Il trasporto pubblico non funziona/ Devi avere un lavoro/ A Roma c’è il traffico/ Devi fare le vacanze/
Potrebbe esserci un attacco terroristico/ Devi avere paura/ Andare in bicicletta è pericoloso.

Platone, nel VII Libro de La Repubblica, racconta l’allegoria della Caverna.

Pensa a uomini chiusi in una specie di caverna sotterranea. […] Essi vi stanno fin da bambini incatenati alle gambe e al collo, così da restare immobili e guardare solo in avanti. […] Dietro di loro, alta e lontana, brilla la luce di un fuoco. […] Credi che tali uomini abbiano visto di se stessi e dei compagni qualcos’altro che le ombre proiettate dal fuoco sulla parete della caverna di fronte a loro?

Ecco, io ero uno di quei prigionieri. Nessuno poteva dire se quel racconto terrorizzante della realtà – il traffico, le città inquinate, i pericoli – fosse o no intenzionale. Non sapevo se c’era un deliberato progetto di manipolazione delle mia mente. Era semplicemente il mondo in cui ero nato e cresciuto. Inevitabilmente, ho cominciato a farmi domande.

Cosa voglio?

Voglio avere tempo/ Voglio sentirmi bene/ Voglio vedere i miei figli allegri/ Voglio avere bisogno di meno denaro./ Voglio leggere./ Voglio mangiare cose buone./ Voglio essere felice.

Un giorno sono andato a casa di mio padre, e mi ha detto: “Guarda che sotto c’è la tua bicicletta vecchia. E’ tutta arrugginita.

Se non la usi la regalo a Dani ché gli serve.” Ho detto NO: “La bicicletta serve a me”.

Spesso attribuiamo agli altri la responsabilità dei nostri errori e della nostra infelicità. Ma se facciamo quello che ci rende felici, diventiamo noi stessi il cambiamento che vogliamo vedere nella realtà, e anche il mondo intorno a noi – inevitabilmente – cambierà.



Per noi è importante sapere come pratichi il tuo cicloattivismo oggi. Conta particolarmente la tua esperienza personale. Raccontala compilando il seguente questionario.


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