Come il codice della strada "coccola" la bicicletta

Come il codice della strada “coccola” la bicicletta

Forse non ci rendiamo conto della forza di una simile affermazione: la bicicletta è un veicolo come tutti gli altri. E ha pari dignità. La bici non è un pedone con le ruote, o un aspirante motociclo.

E’ un velocipede, per utilizzare la terminologia un po’ vintage del Codice della strada. E infatti, all’art. 47, comma 1, lett. c) possiamo agevolmente scorgere il nome demodé della bicicletta alla terza riga, nell’elencazione dei “Veicoli”. La naturale conseguenza dell’inclusione dei velocipedi nella categoria dei veicoli è che questi sono destinati a transitare sulla carreggiata.

Sul punto il Codice della Strada è estremamente chiaro e infatti all’art. 3, comma 1, n. 7 si legge che la carreggiata è la “parte della strada destinata allo scorrimento dei veicoli”.

Con buona pace degli esponenti del partito di maggioranza degli utenti della strada, che potremmo amichevolmente racchiudere nella generica categoria dei “motorizzati”, i quali condividono svogliatamente con i ciclisti i preziosi metri di asfalto.

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 Bicicletta, categoria protetta o penalizzata?

Di certo la bicicletta fatica ad assurgere nella mentalità generale a rango di veicolo a tutti gli effetti anche per “colpa” dello stesso Codice della Strada. A seguito di una modifica intervenuta con il Decreto Legge 27 giugno 2003, n. 151, art. 1, è stato introdotto nel corpo dell’art. 3 del Codice il nuovo numero 53 bis: “Utente debole della strada: pedoni, disabili in carrozzella, ciclisti e tutti coloro i quali meritino una tutela particolare dai pericoli derivanti dalla circolazione sulle strade”.

Tale statuizione pecca sotto almeno due punti di vista. Primo, rimane un’affermazione di mero principio e nulla di più vista la sua in attuazione (di quale particolare forma di tutela sarebbero destinatari, ad oggi, i ciclisti?).

Secondo, di fatto ci accomuna ai pedoni, cioè una categoria di utenti estranei al concetto di “veicolo”, e con i quali perciò non siamo destinati a condividere gli spazi. Provate a transitare in sella alla bici sul marciapiede. Oltre ai rimbrotti più o meno sussurrati degli astanti, potremmo anche ricevere una multa dai 41 ai 169 euro (art. 143, comma 13 C.d.S.)

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 “La strada è la mia casa”

Come spesso accade, il legislatore, calato dall’alto in realtà che non conosce, sospinto da moti irrazionali e diretto da eventi passeggeri di cui non capisce il senso, detta regole che non servono a nessuno. La bicicletta non è debole, e la strada è la sua casa, per parafrasare la scrittrice Petersen: ripartire da questa semplice ma basilare considerazione ci aiuterà ad essere consapevoli del nostro rango e dei nostri diritti, e a gettare le basi per costruire un rapporto di mutuo rispetto e accettazione con le altre categorie di veicoli.


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