DIECI COSE - PIÙ UNA - DA NON FARE MAI IN BICICLETTA. I PARTE
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DIECI COSE – PIÙ UNA – DA NON FARE MAI IN BICICLETTA. I PARTE

Noi ciclisti professionisti, noi ciclisti attivisti, noi ciclisti che non c’abbiamo un cazzo da fare lo sappiamo, ci sono cose che se vai in bici in città non devi fare MAI.

1.Fumare

Che dice che fumare fa male, ma anche chissenefrega non è questo il punto, fumare ha due grosse controindicazioni se stai pedalando. 1. Il lapillo impazzito. Allora tieni le mani sul manubrio, la sigaretta tra le dita, ed è un attimo che il vento ti porta via una briciola di tabacco incandescente che va a depositarsi su – A la mano, quindi ti bruci sbandi e ti fai male, B. la faccia quindi urli ti spaventi sbandi e ti fai male. 2. per aspirare devi togliere la mano dal manubrio, e anche questo è a rischio; l’alternativa sigaretta sempre in bocca come i divi del cinematografo è ancora più rischiosa, lapillo impazzito nell’occhio – vedi 1.

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Lui è Russel Crowe e può fare quello che gli pare, anche perché furbescamente porta gli occhiali                    

2. Mettere i boxer

Esiste un luogo recondito dell’anatomia umana, un luogo situato dove non riesci fisicamente a guardare, e la cui esistenza ti sfugge finché A. Non vedi un film porno B. Non vai in bici e metti i boxer. Avrete capito amici, parlo di quella terra di nessuno tra il culetto e l’apparato riproduttivo, il Kuwait del corpo umano. Esso giace dormiente e ignorato sinché non entri nel tuo primo set porno e te lo depilano, o non metti i boxer, le pieghine infami e vigliacche miste a sudore si incistano nella zona, e dal Kuwait è un attimo che passi all’incandescenza della striscia di Gaza.

3. Salire e/o scendere dalla bicicletta con un movimento scattante ed agile.

Il ciclista urbano, che ha una vita normale, che usa la bici per spostarsi quindi non può imboccare alle riunioni di lavoro con dei simpatici pantacollant sgargianti, deve mettere dei pantaloni normali quando va in bici, ed ecco che quindi si apre un’aria di rischio pericolosissima e foriera di figure di merda che si ricordano per anni. Sei in forma, sei pimpante, arrivi, ti senti  Dino Zoff nella reclame dell’olio cuore, e scendi dalla bici alzando la gamba come un quattrocentometrista a ostacoli, eeeee STRAC!! Si apre un simpatico sgarro sul culo minimo sei sette centimetri, e poi in bocca al lupo per la riunione.

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I pantaloni preferiti dell’autore, con più cicatrici di un veterano delle guerre galliche

4. Andare sul marciapiede

Non si fa. Non. si. fa. Si lo so che se vi fate quei cinquanta metri di marciapiede tagliate di sette chilometri il percorso ed arrivate venti minuti prima. Ma non si fa. Il pedone è nostro fratello, nostro alleato nella lotta per una mobilità dolce, sostenibile ed ecologica, ma vi sembra che ci dobbiamo fare odiare giustamente dai pedoni perché scoattiamo sui marciapiedi? Scendi e porti la bici a mano nel tratto in cui sei sul marciapiede. Unica eccezione, il marciapiede metafisico. Il marciapiede postatomico o metafisico – così chiamato perché richiama i tratti urbani dei quadri di De Chririco – è quel marciapiede che essendo in zona urbana completamente depopolata o funestata da una situazione di contorno che scoraggia qualunque umano a percorrerla non risulta di nessun rischio per il pedone, perché il pedone non esiste. Esempi lampanti sono i marciapiedi della tangenziale, o di via Carmelo Bene, zona ai limiti della fantascienza in zona Vigne Nuove.

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Via Carmelo Bene, in un rendering, o dal vero, che è lo stesso.

5. Rispondere per le rime all’automobilista che ti sbrocca

Il tema è delicato. Io lo so che pensate: ma come io fatico, non inquino, non faccio rumore, non occupo spazio, e mi mangio pure lo smog dei cari automobilisti che io NON produco… E se questi per motivi a me oscuri sbroccano e mi insultano pesantemente mentre gli passo davanti e loro stanno in fila, io dovrei fare pippa? Ma perché? Ma non è giusto! Amico ciclista, qui non stiamo a fare questioni, di etica, di filosofia. Lasciamo le questioni teoriche a menti raffinate come quella di Diego Fusaro. Qua stiamo a parlare di mera utilità, di sopravvivenza. Allora, mettiti per un attimo nei panni dell’automobilista, pensa a come ha passato gli ultimi tre quarti d’ora prima di incontrati. Mentre tu pedalavi sereno, libero, senza problemi di traffico, di parcheggio, mentre sentivi i profumi dei pini in giugno, la brezza, mentre ti lasciavi abbracciare dalla città e sorridevi marpione alle belle pedone raggiungendo uno stato di benevolo distacco simile a quello del drogato, quello si incancreniva dentro la macchina, che paga migliaia di euro l’anno e lui non sa perché – mentre tu non paghi un cazzo – è in ritardo e non può farci niente, non sa quando arriverà, ha paura che qualcuno gli bozzi la macchina e so altri millini che se ne vanno. Se per un attimo si sfoga con te, eddai, non infierire. Amico ciclista, sorridigli. Non un sorriso canzonatorio, sorridigli davvero. Fagli toccare quanto è bello andare in bici. Magari gli viene in mente di usarla. Anche perché sta così frustrato e carico a molla che c’è il caso se gli rispondi  che esce col cric.


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