Gianni Dominici: Una volta che ci si prova non si torna più indietro

Gianni Dominici: ‘una volta che ci si prova non si torna più indietro’

Gianni Dominici, sociologo dell’innovazione, direttore generale di Forum PA, usa la bici ogni giorno per andare a lavoro, fare la spesa, portare il figlio a scuola e il cane in giro. Ai giovani consiglia di tirare fuori quel coraggio che manca a chi ci governa.

Ho 56 anni, tre figli e sono un sociologo dell’innovazione. Per tanto tempo ho fatto il ricercatore, ho lavorato un breve periodo alla commissione europea e poi da circa dieci anni dirigo un’azienda che si occupa di innovazione nella pubblica amministrazione tramite l’organizzazione di eventi, la formazione, la consulenza e la ricerca.

Nella nostra città prevale purtroppo la cultura che un’auto sul marciapiede è normale mentre una bici al seguito no.

Bici

Al lavoro vado tutti i giorni in bici. Uso sempre la bici per gli spostamenti urbani. Anche quando piove, oramai, infatti, sono ben attrezzato. Tendo ad usarla anche nelle altre città in cui lavoro come, prima fra tutte, Milano dove ho la tessera annuale del bike sharing.

Non riesco a rivenderle le bici che ho, mi ci affeziono per cui negli anni se ne sono accumulate diverse: ho ancora la Bianchi di mio padre, la mountain bike con la quale ho esplorato i boschi del Castelli Romani, la prima city bike.

Attualmente uso a tempo pieno due bici che sono l’opposto  l’una dell’altra: una pieghevole Brompton che mi porto dappertutto, anche sui treni, quando mi sposto per lavoro; una cargo a “coda lunga”, figlia di un progetto molto interessante, nato negli Stati Uniti, di open hardware e cioè di ragazzi che hanno inventato questa soluzione di bici più lunga del normale per poterla meglio caricare, senza brevettarla, proprio per permetterne la libera diffusione.

Routine

Praticamente faccio tutto con la bici perché lo considero lo strumento più versatile per muoversi in una città difficile come Roma. Uso prevalentemente la cargo e tutte le mattine accompagno il più piccolo dei mie figli a scuola che però non ha più l’età da seggiolino (7 anni); ci porto spesso anche il mio cane e la considero comodissima per fare la spesa settimanale perché è l’unico mezzo che ti permette di passare direttamente tra i banchi del mercato o davanti alla porta del supermercato per poi arrivare fin sotto casa. Sulla cargo porto tranquillamente 7-8 buste della spesa. Di fatto come un’auto “familiare”.

Sulla cargo porto tranquillamente 7-8 buste della spesa. Di fatto come un’auto “familiare”.

 L’inizio

Ho iniziato ad andare in bici, ovviamente, da bambino. Poi da assiduo campeggiatore l’ho usata spesso anche per i viaggi. La decisione  di usarla come mezzo urbano quasi esclusivo è nata 15 anni fa. Improvvisamente, ho preso consapevolezza che era possibile adottare un modo diverso di vivere la città.  A quel tempo le bici in giro erano pochissime, mi guardavano come un matto.

La mobilità a Roma non è più sostenibile. Nel vedere la mattina le file di auto incolonnate, il groviglio di lamiere davanti alle scuole mentre io con mio figlio gli svicoliamo intorno, mi sembra che siamo oramai in preda ad una follia collettiva.

Non si tratta di fare piccoli aggiustamenti incrementali, è arrivato oramai il momento di mettere in discussione un modello complessivo di mobilità che ha portato alla paralisi le nostre città e generato costi sociali, economici e ambientali pesantissimi.

Non è una minoranza di “fissati” che dice questo: lo dice l’Unione Europea ma, soprattutto, lo dicono le Nazioni Unite definendo come improrogabili gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Purtroppo non vedo nei governi di questa città, quelli passati e quello attuale, la lungimiranza, il coraggio e le competenze per mettere completamente in discussione l’attuale situazione.

La mobilità a Roma non è più sostenibile.

 A lavoro

Siamo un’azienda informale dove sono benvenute le bici o, ad esempio, anche i propri cani, quando l’alternativa è lasciarli a casa. Credo, infatti, che il benessere organizzativo passi per il benessere dei singoli che l’azienda deve cercare di assecondare. Un po’ più complicato invece, il rapporto con l’esterno visto che il mio lavoro mi porta a interagire con le istituzioni centrali.

Quando giro con la Brompton a volte ho problemi a portarla alla riunioni. Al ministero della Pubblica Amministrazione me la fanno entrare, alla Regione Lazio la devo lasciare dai vigilantes, a Palazzo Chigi non me la fanno entrare mentre alla Camera dei deputati devo lasciare la bici fuori (al marciapiede opposto) e il caschetto in portineria.

Nella nostra città prevale purtroppo la cultura che un’auto sul marciapiede è normale mentre una bici al seguito no. Dobbiamo pretendere non solo piena cittadinanza ai ciclisti  per strada ma anche alle bici al seguito (stalli sul marciapiede, ripostigli nei posti pubblici, nei condomini, nelle scuole).

Dobbiamo pretendere non solo piena cittadinanza ai ciclisti per strada ma anche alle bici al seguito.

Consigli ai giovani

Consiglio ai giovani di disubbidire. Di mettere in campo quel coraggio che manca a chi ci governa. Dico sempre, ai convegni, che l’innovazione è una disubbidienza riuscita: al pensiero prevalente, alle procedure, alle convenzioni, alle abitudini e che, quindi, l’innovatore è un disubbidiente.

Dobbiamo disubbidire alla logica (o, meglio, alla mancanza di logica) che ha trasformato le nostre città, Roma prima fra tutte, in delle trappole dal punto di visto ambientale, economico e sociale. La disubbidienza a un sistema basato sulla mobilità su auto private è il primo fondamentale passo per ri-costruire le nostre città.

A chi vuole prendere la bici per la prima volta a Roma consiglio di avere coraggio e prudenza e soprattutto di pensarci bene prima, perché una volta che ci si prova non si torna più indietro.


Intervista a Gianni Dominici, sociologo dell’innovazione, direttore generale di ForumPA realizzata da Anna Becchi.


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