Lo spostamento è fatto da ciò che c’è in mezzo: quattro varianti da Via Veneto al Trullo

LO SPOSTAMENTO È FATTO DA CIÒ CHE C’È IN MEZZO: QUATTRO VARIANTI DA VIA VENETO AL TRULLO

Il mio lavoro di insegnante privato a domicilio mi porta a dei percorsi bike2work itineranti, quasi fossi un corriere. E ogni volta, a seconda del tempo a disposizione e della voglia che ho di litigare con qualcuno, così come della quantità di bellezza romana di cui necessito, scelgo un percorso diverso.

Varianti. Alternative.

Così, per scacciare il tedio o lo stress, perché lo spostamento è fatto di ciò che c’è in mezzo e non solo della meta. E perché avere la fortuna di respirare certi vicoli di Roma, specie certe sere di maggio, è una fortuna che allevia la fatica della giornata. Sempre che nella respirazione non siano compresi i gas di scarico, ma per quello basta mettersi davanti alle auto ferme allo stop.

Uno dei percorsi più variegati è quello che mi porta a coprire la distanza tra le luci scintillanti di Via Veneto e la colorata periferia sud del Trullo: per comodità da incalliti giocatori di Monopoli, chiameremo la prima Parco della Vittoria e la seconda Vicolo Stretto.

Il paesaggio urbano e le modalità di pedalata (nonché di guida) cambiano radicalmente in questi 10-15 km, e se è vero che Roma è fatta di microcittà, in questo tragitto ne attraversiamo almeno quattro o cinque. E a seconda della tipologia di ciclista che si è scelto di essere, come si accennava in quest’altro percorso, esistono vari modi per raggiungere la meta.

Sarà quindi utile confrontare quattro alternative, come riportato dalla mappa qui sotto.

Percorso rosso

Quello che chiamo percorso “veloce” (in rosso) sono 11,2 km fattibili in 20/25 minuti: è quello che purtroppo mi trovo più spesso a fare, perché il tempo è sempre poco, e insieme a un livello di piacevolezza minore (strade più trafficate ma dirette) garantisce una serie di comodità (ztl, alcuni passaggi pedonali, niente traffico) che i mezzi motorizzati non potrebbero mai avere: scendo per la corsia taxi di via Veneto, saluto il Tritone in curva, proseguo per la preferenziale Atac per piegarmi al senso unico in piazza San Silvestro. A quel punto mi attende la sfilata di turisti e bus incolonnati su via del Corso, dove non manca mai il saluto di qualche collega che pedala in senso opposto.

Il punto meno piacevole per le terga sono i sanpietrini di Piazza Venezia, uniti alle varie svolte alle quali bisogna guadagnarsi la precedenza a colpi di braccia alzate.

Superata la rampetta di fronte al Campidoglio, volata verso la Bocca della Verità con contorno di Teatro Marcello e Tempio di Apollo Sosiano. Ma che ne sanno, ma che ne vonno sapé.

A quel punto torniamo a sfruttare corsie Atac pressoché inutilizzate continuando dritto fino a Testaccio – e non mi si venga a dire che il marciapiede del lungotevere è ciclabile, ché è un’offesa all’intelligenza e alla buona fede.

Mentre scrivo e racconto, il paesaggio è cambiato già due volte: dai bistrot di via Veneto incorniciati dai lampioni alla parigina siamo dapprima passati a pedalare tra i fasti imperiali di marmo e a quelle quattro colonne rimaste a testimonianza di un passato che non c’è più, che ci ha lasciato coatti. E poi in poche centinaia di metri dalla Roma di Augusto siamo passati a quella di Pasolini, fatta di vecchietti bestemmiatori e macellerie, di poster di Falcao ai bar e di Porteportesi sempre vive.

E ora i mattoni rossi della Portuense.

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Altro ostacolo in vista – ci tappiamo il naso e lo facciamo veloci, in nome del Collegamento Diretto – è il viadotto di via Majorana: seguendo la regola d’oro delle consolari, ho imboccato via Portuense, che un giorno forse sarà messa in sicurezza allargando quel collo di bottiglia che percorro giorno e notte da sempre per tornare a casa. E ora mi attende la salita: è lunga ma graduale, giusto un paio di semafori per riprendere fiato. Ma a questo punto c’è l’ultima barriera del percorso, la più pericolosa: il viadotto della Portuense su via Newton, uno dei pochi passaggi verso il Fiero Feudo dell’Estrema Roma Sud.

Sebbene non sia proibito andare in bici su questo tratto, non mi sento di consigliare questo passaggio a chi vuole spostarsi in bici con piacevolezza: io lo faccio per necessità e soprattutto perché ho il diritto di farlo. Qui le automobili raggiungono velocità notevoli e ci sono un paio di svincoli ai quali prestare attenzione.

Siamo così arrivati all’ultima microcittà del percorso, annunciato dal quieto sventolare dei panni stesi alle finestre delle case popolari e dai murales dei PoetidelTrullo. Qui l’attitudine alla guida segue leggi proprie, casuali. Per inciso, preferisco mille volte questa casualità caotica all’ordinata prepotenza degli NCC del centro, malgrado nessuna delle due sia auspicabile in un paese civile.

A questo punto, per raggiungere la meta, via Adeodato Ressi, mi conviene sorpassare le auto perennemente incolonnate su via Monte delle Capre, dove vige il parcheggio selvaggio e dove la carreggiata stretta collassa col doppio senso. Uno stretto passaggio pedonale e sterrato, e ci sono.

Percorso verde

Ovviamente, questa è solo una delle soluzioni, la più veloce: se vogliamo seguire la linea verde, quella del percorso sicuro, allunghiamo a 18 km il nostro tragitto, per cui dovremo considerare un’ora o poco più. Invece di scendere per via Veneto, ci lanciamo in discesa dentro Villa Borghese attraverso via Washington, e da qui attraversiamo il Tevere per scendere sulla sua bella – unica – ciclabile. Qualsiasi principio geografico e di fretta viene meno di fronte alla luce dorata dei monumenti visti dal basso del fiume: anche il rumore del traffico è lontano, e per un po’ resta soltanto il rumore della catena sul pignone – a seconda di quanto sia oliata.

La Dorsale Tevere ci accompagna per tutta Roma sotto i suoi ponti, a zig zag lungo le sue anse, per lasciarci soltanto sulla Magliana: abbiamo allungato un sacco, ma ci siamo risparmiati anche tanto stress.

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A questo punto non ci resta che salire verso la stazione di Villa Bonelli, e attraverso strade secondarie scavalcare via Newton su un ponticello secondario su Vicolo di Papa Leone.

La collina di Monte Cucco sta lì tra noi e la meta per l’ultimo sforzo, sotto forma di saliscendi – forza, che si vedono anche i greggi di pecore e degli scampoli di campagna a sud. Salita, discesa e siamo al Trullo.

Percorso blu

A questo punto, il dilemma: veloci o sicuri? Come in ogni bianco e nero nella vita, ci sono dei grigi che sono ottimi compromessi. Il percorso misto, segnato in blu, è lungo “solo” 13,7 km, quindi poco più del diretto, ma guadagna notevolmente in sicurezza e piacevolezza. In questo caso si tratta di sfruttare il meraviglioso centro e i suoi vicoli, più qualche senso unico eccetto bici da fare prestando attenzione.

Davanti all’Ambasciata americana di via Veneto proseguiamo dritti verso Santa Maria della Vittoria, e da qui scendiamo per via Venti Settembre dal Quirinale. Le strade romane, dritte e dirette, a volte vengono dimenticate dal grande traffico, rimanendo a uso dei ciclisti.

Davanti al Quirinale, invece di proseguire per piazza Venezia svoltiamo per la rampetta in discesa – si chiamerebbe Salita di Montecavallo – e ci ritroviamo a pedalare sui sanpietrini di via dell’Umiltà.

Attraversiamo con nonchalanche via del Corso, ignorandone il flusso nervoso, e proseguiamo per la Roma d’un tempo, quella de Pasquino e della Ciociara: via del Piè di Marmo, Pantheon, Piazza Navona, Piazza di Pasquino, via del Governo Vecchio, piazza dell’Orologio. Ma che ne vonno sapé, ripeto.

Attraversato il Tevere, ci facciamo un breve tratto contromano su via della Lungara, che ci permette di passare per un’altra Roma, quella di Rugantino: vicoli di Trastevere, osterie e artisti di strada.

Poi famo i seri, che è tardi, riprendiamo viale Trastevere, la salita della Circonvallazione Gianicolense, ed evitiamo il viadotto della Portuense del percorso veloce immettendoci all’altezza di Piazzale Morelli.

Percorso giallo

Esiste un’ultima possibilità, quella segnata in giallo: il percorso intermodale sfrutta la rete regionale delle FFSS per gli amanti del commuting (per i profani, i commuter non fanno cose zozze, ma sono ciclisti urbani che si servono dei mezzi pubblici per alcuni tratti dei loro percorsi). In questo caso i km totali sono 14,8 compresa la tratta in treno, ma i tempi sono subordinati agli orari di passaggio in stazione (un’ottima app per consultare orari e ritardi in tempo reale è Orari Treni). Dato che c’è un’oggettiva barriera urbana tra il centro di Roma e il Trullo, dato dalla rete autostradale e relativi svincoli, si può montare la propria bici a Stazione Trastevere per scendere a Magliana. Da qui ci attende comunque – e ridaje – una salita, quella delle Catacombe di Generosa, ma almeno il traffico e rado e i panorami sono interessanti.
Insomma: percorso che scegli, ciclista che trovi. Il mondo è bello perché è vario.


Di Claudio Mancini.


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