VADEMECUM SEMISERIO DEL CICLOVIAGGIATORE PARTE 2 - COME
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VADEMECUM SEMISERIO DEL CICLOVIAGGIATORE PARTE 2 – COME

Raccolta di pensieri, informazioni e considerazioni di chi viaggia in bici da 15 anni senza alcuna cognizione di causa. Ma tant’è, il cialtrone non ha una struttura fisica o tecnica per viaggiare in bici, eppure non lo sa e ci va lo stesso (cit.).

Preamboli (auto)ironici a parte, sentivo il bisogno di mettere per iscritto una serie di consigli e in generale il mio modus operandi nel preparare e affrontare un viaggio in bicicletta, dato che – ce ne sono! – più di una persona si è ritrovata a chiedermi informazioni. Per questo, “semiserio”: perché viaggiare in bici non è una cosa seria, e perché quando se scherza bisogna esse seri (aricit.), proprio per far capire che chiunque può farlo, e non servono né ironman né tecnici provetti.

Dopo la prima parte basata sui motivi e i perché che spingono un balordo a inforcare una bici e prendere la Strada, oggi ci poniamo la seconda domanda: come si viaggia in bici? Con che spirito, in che modo, con quali mezzi?

COME

Se dopo la prima puntata sei arrivato fin qui a leggere, vuol dire che hai la pazienza di soffermarti sulle frasi e sui pensieri altrui. In altre parole, vuol dire che hai lo spirito del cicloviaggiatore, che presuppone la pazienza di arrivare in un luogo senza cercare scorciatoie. Se ci sei arrivato scrollando il testo, invece, ti consiglio www.momondo.it. Ci troverai molti voli e le coincidenze più veloci per le mete che ti interessano.

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Lo spirito del viaggio

Come dicevo, anche all’interno della scelta di un viaggio in bici esistono innumerevoli soggettività e uno spettro di concezioni molto ampio. C’è chi mira più al ciclismo in senso sportivo e più al turismo: i primi avranno necessità di tappe più lunghe e dure, i secondi cercheranno collegamenti brevi e facili fermandosi molto nei posti, magari anche per giorni. C’è poi chi non vuole rinunciare alle comodità, e chi invece punta a un viaggio in stile clochard: i primi non si addormenteranno se non in un letto d’albergo, dopo aver messo le zampe sotto a un tavolo di ristorante, i secondi si accasceranno nel sacco a pelo in qualche macchia verde riparata dopo aver consumato tonno e fagioli di supermercato.

Ovviamente, in mezzo agli estremi citati come esempio esistono infinite scale di grigio, come ogni cosa nella realtà. La scelta del livello di abbrutimento, o di benessere, dipende dalla propria predisposizione ad adattarsi, a spendere e alla scelta dei compagni di viaggio – sempre che ve ne siano.

Ascesi, curiosità e benessere

Personalmente, questi sono i tre assi lungo i quali muove la mia pedalata lenta e goffa: il primo è il bisogno di purificazione di cui sopra, quella voglia di fatica e sudore che se non hai fatto tot km allora non va bene, quel desiderio di mancanza di sconti e di farla tutta, quella salita, senza barare. La bici eleva i sentimenti, una terra può essere compresa solo se si è bestemmiato interiormente per arrivarci. E se si è passata la notte in un sacco a pelo umido, a cercare di trattenerci dentro il fiato per mantenere quel po’ di calore corporeo. Insomma, in una parola, ascesi: non mi piace il concetto di cilicio, ma mi piace pagare (non spendere, pagare): ovvero, dare il giusto prezzo alle cose.

La curiosità è invece la seconda motrice del viaggio in bici: cosa c’è oltre quella collina? Posso farcela a svalicare prima che tramonti il sole? Quella deviazione dove conduce? Le domande sono la linfa vitale del viaggio, mettono l’adrenalina nelle gambe e condiscono la voglia di arrivare. Non ultima, le domande che ogni tanto rimbalzano nel cervello sudato sono: “Perché sono partito?” e “Cosa troverò alla fine del viaggio?”. La curiosità ci spinge a trovare un raffronto del reale col sognato, a far coincidere quella linea tracciata su carta con una rotta effettiva, a parlare a quel vecchio seduto al tavolino sotto quel portico ombroso. Ed è sempre la curiosità che ci permette di metterci in discussione, di assaggiare quel piatto tipico di quel posto, di fare un cuscino coi vestiti sporchi.

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A proposito di piatti tipici di quel posto (ma anche di quell’altro): è mia consuetudine e fiera debolezza la resa incondizionata al Cibo: fammi dormire in un pagliaio o nel letame, ma non privarmi di un piatto di fettuccine ai funghi porcini. E qui arriviamo al terzo vettore, quello del Benessere. Per me il benessere spirituale coincide col vento sulla faccia tra i tornanti in discesa, con il profumo dei pini di fine agosto o con una strada a picco sul mare, mentre il benessere fisico si sovrappone quasi totalmente all’esplorazione della cucina tipica dei posti che si attraversano.

Il cibo, a patto che venga prodotto nella stessa terra in cui si mangia, è un’emanazione diretta del Viaggio, un modo di capire una regione, di interiorizzarla – sì, in tutti i sensi, un po’ come in alcune tribù primitive vi era l’usanza di mangiare il cuore del nemico per assumerne il coraggio, ed era anche una sorta di omaggio. E non si possono scindere i boschi secolari della Corsica dal profumo dei suoi salumi che passeggiano allo stato brado, così come non si può evitare di ubriacarsi di Montepulciano quando si pedala sugli sterrati dell’Eroica.  

Straccioni e principi – dalla tenda all’excelsior, a seconda del budget

Sempre nell’ambito della soggettività dello stile di viaggio, potremo asserire che viaggiare in bici può risultare più o meno economico: di default è senza dubbio un tipo di turismo economico, di certo più di quello tradizionale fatto di automobili e aerei: la sola propulsione umana abbatte i costi di (alcuni, se non tutti gli) spostamenti.

Ciononostante, un cicloviaggio può spaziare dall’avventura estrema on the road in cui la tenda diventa la propria casa, al di fuori del campeggio (Alastair Humphreys girò il mondo in bici per 4 anni con un budget di 7000 sterline) fino alla vacanza “green” di relax, con soggiorni in hotel a quattro stelle e Spa. Anche in questo caso, si tratta di un continuum con questi due punti alle estremità: proviamo a elencare le soluzioni in mezzo, ordinandole dalla più economica alla più costosa:

    • tenda e campeggio libero: è la soluzione più avventurosa, quella che ci dà un contatto diretto con la Terra, quella che richiede maggiore adattabilità. Si tratta di scegliere un luogo appartato, tranquillo e sicuro dove piantare la propria tenda – non è possibile fare questo ovunque, ovviamente, ed è possibile che la polizia ci chieda di smontare tutto o ci multi – nei casi più estremi. È una soluzione praticabile in condizioni limitate, che garantisce grandi soddisfazioni ma che priva al contempo di molte comodità (doccia, bagno). A questo proposito sono particolarmente indicate le spiagge libere, alcune riserve naturali boscose, alcune aree da picnic attrezzate o semiattrezzate, mentre sono assolutamente sconsigliati e impraticabili gli spazi urbani, veri nemici del cicloturista fricchettone.
    • ospitalità – tenda  giardino – capannone – garage: seguendo l’Etica del Pellegrino sopra citata, è possibile, con una buona faccia tosta e con le debite facce pulite e oneste, appellarsi al diritto d’asilo del viandante. Si fa buio, sui monti ci sono i lupi e un posto alla buona in cui dormire non si nega a nessuno. E se un tempo l’ospitalità di forestieri sconosciuti era molto più comune, oggi la gente ha molta meno fiducia nel prossimo – per quanto chi si presenti coi bagagli e una bicicletta di solito venga automaticamente catalogato come una persona onesta e innocua: la bici in questo senso è un salvacondotto, una bandiera bianca che pare dire “Vengo in pace” in qualsiasi cultura: tanto dove scappo? A chi potrei far male, dopo cento chilometri a pedalare? Cosa avrei la forza (e la voglia!) di rubare? Tutto questo vale nei piccoli centri, mai nelle grandi città, e più in montagna che al mare, dove la gente è più conscia delle difficoltà dei luoghi e quindi più disposta ad aiutare il prossimo. Si bussa a qualche casa o fattoria, si chiede il permesso di poter piantare la tenda in giardino – meglio dentro a un recinto che in balia di cani selvatici – o in un capanno degli attrezzi. Se l’ospite è particolarmente gentile, solo o fiducioso, ci può scappare anche un letto. Il discorso ospitalità è ovviamente esteso agli amici e agli amici degli amici, e a questo proposito è opportuno crearsi una rete di contatti in quanti più luoghi possibile (mi è capitato più di una volta di costruire un itinerario di viaggio proprio in funzione delle conoscenze che mi potevano ospitare), come faceva Jack Kerouac appena arrivato in una città degli States. Oltretutto, ragionare per amici sparsi per il mondo favorisce l’internazionalismo e lo scambio culturale, e ci fa sentire parte di un pacifico tutto in movimento, specie se siamo disposti a ricambiare l’ospitalità a casa nostra.
    • couchsurfing e warmshowers: siamo ancora nell’ambito gratuito, ma stavolta codificato: couchsurfing.com e warmshowers.com sono due social network che hanno negli anni creato una rete di mutua ospitalità, fatta di referenze, profili pubblici e verificati, scambi culturali e sociali. Insomma, malgrado qualche rarissimo caso isolato ci sia stato, non si va a dormire da Jack lo Squartatore, ma da una persona che ha messo a disposizione il suo couch (divano) o un letto dei viaggiatori di passaggio: ci si apre un profilo, si mandano richieste mirate di ospitalità, se si può e si vuole si offre anche ospitalità di ricambio nella propria città. E si fanno nuove conoscenze, si ha l’opportunità di conoscere il punto di vista di un residente di quel luogo e non di un albergatore, ecc. L’unico lato negativo di questo sistema è il fatto di essere vincolati alla data e al luogo concordati, se si è preso l’impegno di farsi trovare lì in quel giorno. E se couchsurfing è una rete mondiale diffusissima ovunque, warmshowers è la sua versione creata appositamente per cicloturisti: target più specifico, maggiori cose in comune, gente più disposta ancora ad ospitare il viaggiatore di passaggio. Il difetto di quest’ultima rete è che ovviamente è meno diffusa e c’è un numero molto minore di iscritti rispetto a couchsurfing, quindi in alcune zone sarà difficile trovare potenziali ospiti warmshowers. Su come utilizzare al meglio questi due canali, si vedrà nelle prossime puntate.
    • Il campeggio attrezzato è la più comune forma di pernotto del cicloturista, e forse anche la più amata: abbiamo servizi spartani ma un “minimo sindacale” garantito, relativa sicurezza, contatto con la natura e costi contenuti. Per quest’ultimo aspetto, molto dipende dalla zona e dal tipo di campeggio: la Francia, per esempio, ha una meravigliosa rete di camping municipali che offrono servizi puliti in luoghi tranquilli e affascinanti a prezzi molto contenuti (6/7€ a notte), mentre le zone balneari più turistiche d’Italia sono arrivate a costare anche più di una stanza – va da sé che i campeggi a forma di villaggio turistico, quelli con animatore e piscina, vanno evitati per quanto possibile. Al cicloturista basta un angolo ombroso, una doccia e un bagno – il resto è sovrastruttura, e le sovrastrutture in molti casi più che un agio si rivelano un peso. Il campeggio ha i vantaggi sopra elencati più una certa libertà di arrivo e partenza (in 15 anni di cicloturismo non mi è mai capitato di trovare un campeggio al completo o che richiedesse prenotazione, ma magari sono stato solo fortunato io), e lo svantaggio del peso della tenda da portare con sé; oltretutto, va considerato che non sempre si trovano campeggi attrezzati nei luoghi in cui ci vogliamo fermare. Sotto questo punto di vista, le zone costiere offrono molta più scelta di quelle interne.
    • la camerata in ostello è un’ottima soluzione per le nottate di pioggia in cui non si può o non si vuole montare la tenda: un letto (vabbè, una branda) e uno spazio al chiuso a volte possono fare la differenza, quando l’umidità bussa. ll vantaggio è un posto asciutto tra i 5 e i 12€ a notte, lo svantaggio è la mancanza di privacy (ma che ce frega?) e la fiducia che va riposta nel prossimo quando si lasciano i bagagli in un ambiente comune. E anche in questo caso, il fatto che gli ostelli non si trovano ovunque.
    • il bungalow è la versione comodona ma ancora piuttosto economica del campeggio attrezzato: niente tenda da montare, un minimo di comodità in più, costi leggermente più alti della piazzola e leggermente più bassi di una stanza. Anche in questo caso i costi sono molto variabili, a seconda del numero di persone, della zona e della qualità del campeggio, oscilliamo comunque sui 15€ a notte.
    • la stanza è un lusso borghese: ciò non toglie che dopo salite, pioggia e disavventure si possa cedere al suo fascino tentatore, spinti magari dal fallimento delle opzioni precedenti – o semplicemente dalla voglia di stare comodi. È un’opzione da valutare nei Paesi particolarmente economici: per esempio, quando in Grecia un campeggio costa 7/8€ e una stanza 15, può capitare che per una volta l’Etica del Pellegrino se ne vada beatamente a fare in culo. Di norma, andiamo dai 20€ a notte in su.
    • sopra questa soglia, esiste il Lusso Regale: hotel, agriturismi, resort. A seconda delle comodità e degli agi desiderati, il prezzo lievita.

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