Dispositivi di equipaggiamento obbligatori. Prima parte: le luci. - Salvaiciclisti Roma
luci bici e pecore

Dispositivi di equipaggiamento obbligatori. Prima parte: le luci.

Il Codice della Strada all’art. 68 stabilisce quale deve essere l’equipaggiamento obbligatorio per legge di cui deve essere dotata sia la bicicletta che il ciclista per poter circolare sulle strade e/o sulle aree a loro riservate senza incorrere in sanzioni amministrative.

In questo articolo si esamineranno soltanto i dispositivi luminosi comunemente chiamate luci, mentre successivamente si analizzeranno i pneumatici, freni, campanelli e giubbotto o bretelle retro-riflettenti ad alta visibilità.

Le luci secondo CDS

La lettera c), 1 comma dell’art. 68 C.d.S. tratta del più importante – anche ai fini della sicurezza stradale – dispositivo obbligatorio per le biciclette, le luci.

Secondo il predetto articolo del Codice della strada le biciclette devono avere: “anteriormente di luci bianche o gialle, posteriormente di luci rosse e di catadiottri rossi; inoltre, sui pedali devono essere applicati catadiottri gialli ed analoghi dispositivi devono essere applicati sui lati”. Mentre il 2 comma dello stesso articolo dispone: “I dispositivi di segnalazione di cui alla lettera c) del comma 1 devono essere presenti e funzionanti nelle ore e nei casi previsti dall’art. 152, comma 1”

Anche per quanto riguarda le luci bisogna far riferimento anche al Regolamento di attuazione al Codice della Strada, il quale all’art. 224  tratta l’argomento in modo molto particolareggiato e dettagliato, ma nonostante ciò non pochi problemi di interpretazione si possono sollevare a tal proposito.

Mentre all’Appendice IV nell’art. 224 sempre del Regolamento di attuazione al C.d.S. è stabilito ulteriori valori di intensità luminosa riflessa e caratteristiche tecniche.

Nonostante il legislatore sia stato così particolareggiato in materia dispositivi di segnalazione visiva (o luci), come già detto, non pochi sono i problemi interpretativi alla norma che possono essere sollevati.

luce bici
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Obbligo per chi?

Iniziamo con il considerare Il 2 comma dell’art. 68 C.d.S., richiama l’art. 152 comma 1, il quale fa riferimento ed esplicitamente solo ai veicoli a motore e non ai velocipedi, infatti stabilisce che : “I veicoli a motore durante la marcia fuori dei centri abitati ed i ciclomotori,  motocicli,  tricicli  e  quadricicli,  quali   definiti rispettivamente dall’articolo 1, paragrafo 2, lettere a), b) e c), e paragrafo 3, lettera b), della direttiva  2002/24/CE  del  Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 marzo 2002, anche durante  la  marcia nei centri abitati, hanno l’obbligo di usare le luci di posizione,  i proiettori anabbaglianti e, se prescritte, le luci della targa  e  le luci d’ingombro. Fuori dei casi indicati dall’articolo 153, comma 1, in luogo dei dispositivi di cui al periodo precedente possono essere utilizzate, se il veicolo ne é dotato, le  luci  di  marcia  diurna. Fanno eccezione all’obbligo di uso dei predetti dispositivi i veicoli di interesse storico e collezionistico”.  

La norma non è per nulla chiara: le luci della bicicletta devono essere presenti e funzionanti anche di giorno? Dal richiamo espresso all’articolo sembrerebbe di si! Allora se la bicicletta non ha le luci ed è circolante, il ciclista potrebbe incorrere nella sanzione di cui al 2 comma dell’art. 152 che prevede l’irrogazione di una sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 41 a euro 168, anche se nell’articolo non c’è alcun riferimento alle biciclette.

Norme contrastanti

Inoltre in materia di sanzioni amministrative in materia vi è anche il comma 6 dell’art. 68 C.d.S., il quale sancisce che: “Chiunque circola con un velocipede senza pneumatici o nel quale alcuno dei dispositivi di frenatura o di segnalazione acustica o visiva manchi o non sia conforme alle disposizioni stabilite nel presente articolo e nell’articolo 69, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 24 a euro 97”.

Due sanzioni in materia di luci sulla stessa condotta: quale eventualmente dovrebbe essere applicata in caso di mancanza sulla bicicletta di tali dispositivi luminosi, la prima o la seconda norma?

Come se non bastasse l’art. 337 del Regolamento di attuazione al C.d.S. al 4 comma, anche se non citato dall’art. 68 C.d.S. prevede: “Da mezz’ora dopo il tramonto, durante tutto il periodo dell’oscurità e di giorno, qualora le condizioni atmosferiche richiedano l’illuminazione, i velocipedi sprovvisti o mancanti degli appositi dispositivi di segnalazione visiva, non possono essere utilizzati, ma solamente condotti a mano”.

Da questa norma sembrerebbe invece che le biciclette non dotate di luci possano circolare di giorno e in condizioni di buona illuminazione, anche se condotte a mano.

ciclisti di notte
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Quale applicare?

Allora quale delle due norme contrastanti va applicata?  La questione non è di poco conto perché dall’applicazione dell’una o dell’altra ne potrebbe dipendere l’irrogazione di una sanzione, ci sono stati infatti dei ciclisti multati perché la bicicletta aveva delle luci che non erano a norma. 

Per poter comprendere quando le luci sono a norma, bisogna considerare il 10 comma dell’art. 224 Regolamento di attuazione al C.d.S. stabilisce che devono avere la dicitura di cui all’art 192 comma 7 del Regolamento di attuazione al C.d.S. cioè: ”Su ogni elemento conforme al prototipo omologato o approvato deve essere riportato il numero e la data del decreto ministeriale di omologazione o di approvazione ed il nome del fabbricante”, oltre alla dicitura “alto” od altra simile, qualora agli effetti del montaggio sia prescritta una determinata posizione.

Questa rappresenta una ulteriore questione controversa e poco chiara, infatti è difficile trovare in commercio luci che abbiano il marchio di cui si parla al comma 7 dell’art. 192, mentre se ne trovano quasi tutto quelle in commercio hanno omologazioni relative ad altri paesi europei. A tal proposito si potrebbe risolvere il problema rilevato dell’omologazione attraverso il riconoscimento da parte dello Stato italiano delle diciture che indicano l’omologazione presso altri paesi europei.

L’unica conclusione plausibile è che il legislatore dovrebbe rivedere questa materia eliminando tutte le contraddizioni presenti ed uniformandola alla disciplina europea.


Credits Copertina Andrei Constantin Paicu


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